Le tecnologie digitali hanno cambiato il modo di vivere e di lavorare dell’intero pianeta, continuano a farlo e lo faranno per molto tempo ancora. Purtroppo, però, la situazione non è la stessa in tutto il mondo: il divario tra paesi industrializzati e quelli del terzo mondo va aumentando, ma anche tra i cosiddetti paesi “occidentali” ci sono varie differenze. Il percorso verso la digitalizzazione richiede impegno e lavoro da parte delle istituzioni, ed è più difficile di quanto possa sembrare.
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Livello di digitalizzazione in Italia
In Italia, c’è ancora molto da fare, ma non bisogna lasciarsi andare al primo ostacolo, perché il cambiamento registrato negli ultimi anni lascia ben sperare. Infatti circa il 34% delle imprese italiane presenta un alto livello di digitalizzazione (sia nelle infrastrutture che nelle competenze delle risorse) e un ottimo livello di sostenibilità ambientale. L’11% ha avviato un percorso di digitalizzazione, e ancora il 55% delle imprese si mostra ancora diffidente all’utilizzo di risorse digitali, ma le stanno comunque prendendo in considerazione per il futuro.
La diffusione dello smart working nell’ultimo anno è notevolmente aumentata, il che ha dato il via all’acquisizione di nuove competenze e all’implementazione di nuove soluzioni digitali per garantire ai dipendenti di lavorare lontano dal proprio ufficio.
Anche altre soluzioni, come lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), la sanità digitale e la trasformazione digitale della pubblica amministrazione sono processi che hanno preso il via e che costituiscono una parte importante del processo di digitalizzazione in Italia. Questi possono notevolmente semplificare e velocizzare molte procedure, che attualmente invece richiedono molto tempo, rendendo tutto accessibile attraverso uno smartphone e con un semplice click.
Nuove opportunità lavorative e crisi dei vecchi lavori
La digitalizzazione porta con sé anche un aumento di posti di lavoro e una richiesta sempre più grande di persone specializzate. Coloro che hanno una passione per le tecnologie, l’informatica e la programmazione dovrebbero approfittare di questo momento: lavorare come programmatore informatico potrebbe essere la scelta giusta, perché ormai quasi ogni azienda ha bisogno di una figura tale nel proprio team di professionisti.
Se da un lato si vede una crescita, un miglioramento, dall’altro il rischio di disoccupazione tecnologica si fa sempre più importante. La digitalizzazione sta schiacciando una grande fetta di mestieri e di persone che non hanno alcuna competenza nel mondo digitale.
Questo rischio va a sommarsi a problemi già esistenti, come l’invecchiamento della popolazione, le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, il divario tra nord e sud e tanto altro.
La soluzione a questo problema è la formazione. Formare figure professionali permette alla maggior parte dei lavoratori di acquisire le conoscenze necessarie per sfruttare al meglio le opportunità offerte dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Per far sì che ciò accada, bisognerebbe investire in un’istruzione accessibile a tutti e adatta a tutti, affinché nessuno venga lasciato indietro.
Cosa sta facendo il Governo italiano
Le istituzioni si sono impegnate attraverso il piano Industria 4.0 per diffondere rapidamente ed equamente i benefici della transizione tecnologica. L’obiettivo di questo piano è quello di incentivare la nascita e la crescita di imprese innovative e di favorire lo sviluppo tecnologico del sistema produttivo nazionale, in modo tale da ridurre i divari territoriali esistenti e creare opportunità di lavoro per le donne e per i giovani. Perciò, si creeranno nuove figure professionali, le quali conoscenze e competenze saranno continuamente aggiornate attraverso corsi di formazione professionale.
Una soluzione che viene già usata da qualche anno, è l’alternanza scuola-lavoro, un ulteriore esempio è l’apprendistato. Attualmente, nel mondo del lavoro convivono vecchi e nuovi mestieri, ma la diffusione della digitalizzazione minaccia fortemente certi tipi di lavoro: è importante dunque che ciò non accada, nessun lavoratore deve e può rimanere indietro. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra innovazione tecnologica e condizione umana, per evitare livelli di disoccupazione pericolosamente alti.
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